giovedì 26 aprile 2012

In Parlamento, "giochini e giochetti" di stipendi e di fondi


Nel Parlamento esiste un fondo (per il momento congelato) che alla fine della legislatura arriverà alla cospicua cifra di 21 milioni di euro e che, con tutta probabilità, finirà per trasformarsi in una "interessante" bonus liquidazione  da 22 mila euro a testa per ciascun deputato o senatore.

 Il fondo è stato istituito a gennaio dagli uffici di presidenza sia della Camera che del Senato, in seguito al taglio annunciato di circa 1.300 euro al mese dell’indennità lorda che spetta agli onorevoli.

Il suddetto "taglio" non rappresentava una diminuzione dello stipendio ma si trattava di un "mancato aumento" nella busta paga di deputati e senatori.  Differenza sottile ma sostanziale, in quanto l’indennità parlamentare netta sarebbe infatti salita da 5 a 6.300 euro nette al mese grazie all’approvazione del nuovo regime previdenziale contributivo pro rata scattato che sostituisce il vitalizio per i parlamentari dal primo gennaio 2012. 



Attenzione, perchè il nuovo regime previdenziale farà risparmiare a lungo termine il costo dei politici in pensione, ma all’inizio lo aggrava. Prima i parlamentari avevano un costo lordo che si erano disegnati con i regolamenti per garantirsi poi vitalizi (1.000 euro al mese versati), assegno di fine mandato e assistenza sanitaria integrativa. Ora il costo lordo in teoria aumenta, perché verrà versato un contributo previdenziale del 33% sullo stipendio, per due terzi a carico della amministrazione pubblica e per un terzo a carico del singolo parlamentare.

Quest’ultimo poi - come accade per tutti gli italiani - potrà dedurre il contributo versato dal reddito
imponibile, con un notevole vantaggio fiscale rispetto al regime attuale (il contributo per il vitalizio
non era deducibile). È grazie a questo vantaggio che lo stipendio che deputati e senatori si sarebbero
messi in tasca sarebbe aumentato in media di quei 1300 euro netti al mese. 

Qualcuno ha anche accarezzato l’idea di mettersi in tasca quell’aumento insperato,pronto a difenderlo e giustificarsi: «Avrò una pensione più bassa, è appena una piccola riparazione».
In realtà essendo il nuovo sistema pro rata ed essendo la legislatura alla fine, i parlamentari attuali
avranno una pensione composta per tre quarti dall’attuale vitalizio e per un quarto dal contributivo,
quindi più o meno equivalente a quella dei colleghi del passato.

Ma alla fine è prevalsa la paura di essere linciati dagli elettori che non avrebbero certo apprezzato quell’aumento, e ci si è messi a cercare un modo per congelare quegli aumenti di stipendio.
A Camera e Senato si presentava a questo punto una scelta abbastanza lineare: siccome aumentava
con il nuovo sistema pensionistico la quota a carico della amministrazione di contributi da versare per deputati e senatori (quel 22% prima non esisteva), sarebbe stato logico finanziarselo proprio con quei 1.300 euro da togliere alle buste paga dei deputati.
Ma così non è accaduto, e sia Camera che Senato hanno creato in bilancio due fondi speciali che
non avranno alcuna finalizzazione. Per la Camera così dal primo gennaio ogni mese su quel fondo affluiscono 819 mila euro e così avverrà fino al termine della legislatura. Al Senato la somma è
esattamente la metà: 409.500 euro al mese. Alla fine i due fondi ammonteranno rispettivamente a 14
e 7 milioni di euro, in tutto appunto i 21 milioni citati in precedenza.

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